Loto, quadri ed ecologia

Questa, pur scattata davanti alla Pinacoteca Stuard, è una fotografia dell’Orto Botanico. Anche se in pochi lo sanno, “Fior di Loto” di Amedeo Bocchi è stato dipinto nel 1905 proprio davanti alla Scuola di Botanica, ai bordi di una grande vasca che correva fino a Strada Martiri della Libertà. Era un lascito dell’antica destinazione dell’area: una tintoria di tessuti in cotone di stile indiano, chiamata Fabbrica della Calancà.

Le vasche scompaiono ma le storie restano e portano piante e uomini oltre i confini della città, illustrando fenomeni non solo artistici. Una di esse narra che pochi anni dopo Bocchi, nella primavera del 1921, una studentessa di Scienze Naturali dell’Università di Parma si fece dare dall’allora direttore dell’Orto alcuni rizomi di Nelumbo nucifera. Li pescò direttamente dalla vasca immortalata da Bocchi, magari sedendosi sul bordo come la dama del quadro. Voleva acclimatarli nelle acque stagnanti di un’ansa del lago superiore di Mantova e li mise a dimora nella fanghiglia sul fondo del Mincio, alle spalle della valletta dei Martiri di Belfiore.

Le piante evidentemente si trovarono a loro agio e si svilupparono con una vigoria tale da invadere presto una larga superficie del lago, formando verdi isole galleggianti di grande effetto scenico grazie ai grandi fiori, rosati e carnosi. Per un certo periodo sono stati sfruttati economicamente e venivano bandite apposite aste demaniali per assegnare la raccolta esclusiva di fiori e frutti.

La bellezza però ha un prezzo e non sempre va d’accordo con i meccanismi ecologici. Oggi, l’iniziativa della studentessa non sarebbe giustamente permessa per via di quel che abbiamo nel frattempo scoperto sugli effetti delle piante invasive a carico degli ecosistemi. Ogni anno a maggio quegli specchi d’acqua devono essere mondati dal loto per contenerne l’esuberanza e difendere l’equilibrio di un habitat fluviale ricco di biodiversità. Il quadro di Bocchi ci dice già che il loto aveva completamente invaso anche la vasca della calancà, ma nel recinto chiuso di un Orto Botanico, dando all’antico concetto di hortus conclusus un senso anche ecologico.