le capsule del tempo

All’orto stiamo sistemando un erbario ottocentesco, l’Erbario Gardoni. Si tratta di una collezione particolare, perché chi l’ha realizzata si è divertito ad aggiungere oggetti d’uso quotidiano, realizzando una cosa che sta a metà strada tra botanica, wunderkammer e il deposito del robot Wall-E, quello del miglior film d’animazione sull’ambiente che io conosca. A volte tra fiori e foglie essiccate si trovano poesie, altre volte ricette di cucina o di farmacia abbinate alla pianta raccolta. Altre volte spuntano oggetti, inseriti con lo stesso scopo con cui si creano le capsule del tempo o i corredi funerari nelle società che prevedono una rinascita materiale dei corpi: lanciare una memoria nel futuro.

Questa scatola contiene carta senapata, una pellicola di farina pressata di semi di senape da applicare alla pelle per ottenere un effetto chiamato revulsivo, ovvero capace di creare arrossamento, dilatazione dei capillari, sensazione di calore e ridotto senso del dolore. Già allora i temi della comunicazione erano quelli di oggi: la purezza dei materiali, l’efficacia spiegata attraverso l’accreditamento e l’emulazione, poca distinzione tra sintomi e cause.

Attualmente sappiamo un sacco di cose in più sulla senape. Ad esempio contiene sostanze che interagiscono con un sistema di allerta legato al freddo intenso, attivato in due modi: quando fuori la temperatura è almeno -15 °C e quando entra a contatto con sostanze presenti anche nel cren e nelle parenti “piccanti” del cavolo. In questi casi si sovraccarica il percorso che porta la sensazione di dolore al cervello, ostacolandone la comunicazione e causando un sollievo momentaneo in tutti i sensi: a seguito delle applicazioni il sistema si abitua e serve sempre più senape per osservare un effetto, cosa che ha messo fuorigioco i sinapismi in farmacia ma li ha lasciati protagonisti nelle cucine del mondo. Il sistema è chiamato “recettore wasabi”, un’ulteriore testimonianza dei cambiamenti avvenuti dall’Ottocento a oggi. Aiuta a capire perché se esagerate al giapponese vi cola il naso: il vostro cervello si è convinto di stare al Polo Nord.